Si chiama Thando Hopa, ha 24 anni e fa la modella. Ma non una modella come tutte le altre. La sua pelle, i suoi occhi e i suoi capelli sono chiarissimi, di un bianco cinereo. Thando è una ragazza affetta da albinismo, malattia che comporta la parziale o totale assenza di pigmentazione melaninica in pelle, iride, peli e capelli, creando problemi di vista e indebolendo le difese naturali contro i raggi solari. La sua scelta di posare per riviste di moda non è solo professionale, l’intento è sensibilizzare tutti coloro che credono che alla base dell’albinismo ci sia qualcosa di male.
Thando stava camminando con un’amica in un centro commerciale di Johannesburg quando il fashion designer Gert Johan Coetzee la fermò per chiederle se voleva posare per un servizio fotografico. Inizialmente Thando rispose di no perché la sua massima priorità era lo studio, solo più tardi si convinse a salire sui tacchi e sfilare per lui. Quello che la convinse a collaborare era la partecipazione a un programma per cambiare la percezione popolare dell’albinismo. In un’intervista rilasciata a El Pais, Thando spiega “non ho mai visto nessuno come me in televisione e nelle riviste quando ero bambina e ho pensato che lanciare un messaggio positivo fosse fantastico”.
Thando è cresciuta fin da piccola in un antico ghetto a Lenasia South (Johannesburg), anticamente dedicato alla popolazione di origine indio. Crescendo con molti amici neri, subisce insulti come “babbuino bianco” per il colore della sua pelle. Ma grazie all’aiuto dei suoi genitori, non si sente mai rifiutata e come lei stessa ammette “mia madre mi ha insegnato ad amarmi per come sono e ha sempre insistito che mi vedessi non come un’albina ma come una persona con albinismo. Essere diversa ti fa sembrare più bella, anche se la gente ti dice di essere brutta”. Da allora ha appreso la lezione e ha continuato a vivere seguendo questo insegnamento.
Fortunatamente il Sudafrica, dove Thando ancora oggi vive, è sempre stata un’oasi per gli albini, diversamente da altri Paesi dell’Africa subsahariana dove sono perseguitati, mutilati o assassinati. E alla base di queste violenze spesso ci sono solo superstizione o magia.
Secondo un resoconto dell’ufficio dei Diritti Umani delle Nazioni Unite, uscito lo scorso giugno, in tre anni si sono documentati più di 200 casi di attacchi ad albini, ma potrebbero essercene molti di più senza denuncia. La più comuni violenze sono le mutilazioni, per la maggior parte di arti o degli occhi, che vendono rivenduti nel mercato nero e sono fonte di grande ricchezza: mentre gli arti vengono venduti come amuleti e hanno un valore fino a 3000 dollari, il sangue viene utilizzato per pozioni magiche. Spesso gli assassini entrano nelle case per catturare gli albini durante la notte ed alcuni si spingono fino alla profanazione delle tombe pur di guadagnarsi una parte del loro corpo.
La tendenza generale per difendere i minori affetti da albinismo è la creazione di scuole apposite che, da un lato offrono sicurezza, dall’altro tendono ad isolarli all’interno della comunità. Negli ultimi anni sono stati molti gli albini ad emigrare nelle città più grandi in cerca di una vita tranquilla, in cerca di un giudizio che, per una volta, non sia influenzato dal colore della loro pelle.
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