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Descrivi la tua esperienza in rapporto con l'albinismo
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Il mio nome è Laura, ho 44 anni e sono un'albina oculocutanea 1A (OCA1A), sono affetta da nistagmo e strabismo ed attualmente il mio visus è di un decimo, con correzione. Fra le altre cose, già da alcuni anni, ho avuto il distacco del corpo vitreo, prima all'occhio destro e poi al sinistro. Nonostante tutto, sono molto autonoma ed ho trovato, nel corso degli anni, i miei sani adattamenti. Nel 1963, anno in cui sono nata, si avevano pochissime informazioni sull'albinismo e, da quel che mi hanno raccontato i miei genitori, le opinioni erano alquanto confuse e alcune prognosi catastrofiche! Infatti a mia madre era stato detto che forse non avrei mai potuto vedere. Abitando a Roma ho avuto la possibilità di essere seguita e visitata da nomi importanti e famosi, nell'ambito dell'oculistica del tempo, ed i miei genitori, chiaramente, non hanno mai badato a spese! Ho frequentato le scuole statali, sempre regolarmente inserita in classi normali. Certamente avevo problemi seri nel leggere alla lavagna, ma con le dovute informazioni fornite agli insegnanti, dai miei genitori, abbiamo sempre trovato degli accorgimenti. Uno di questi, alle scuole elementari, era l'avvicinare il mio banco (con compagna compresa) davanti alla lavagna. Un po' serviva, ma io, in realtà, vedevo poco lo stesso. Ho sempre provato vergogna per il fatto di non vederci bene, soprattutto da piccola, ed anche se il maestro (che ho avuto negli ultimi tre anni delle elementari) ed alcuni compagni, erano dolci e disponibili con me, ciò non era sufficiente ad abbassare quella tensione che sperimentavo e a ridimensionare quel senso di inadeguatezza e diversità che vivevo quotidianamente (anche legati al mio aspetto esteriore: ero l'unica albina in tutto l'istituto). Fin dai tempi dell'asilo, infatti, mi prendevano in giro a causa del colore dei miei capelli, per il fatto che portassi gli occhiali, e per gli occhi "storti". E' stato doloroso ed alcune cose le ho rimosse. Per strada spesso venivo segnata col dito e questa cosa faceva arrabbiare moltissimo sia mia madre che mio padre. Loro mi hanno sempre parlato di questa mia diversità e mi hanno aiutata a conviverci e ad accettarla, dicendomi che al mondo c'è posto per tutti, che io avevo certamente dei limiti, ma che ero come gli altri bambini e potevo riuscire nelle cose che facevo. Sono stata sempre una ragazzina aperta e cordiale, decisa e comunicativa, (un po' permalosetta!) non mi piacevano i ricatti che alcuni coetanei mi facevano e amavo la verità. Spesso, dentro di me, mi sentivo debole ed insicura, ansiosa e preoccupata, ma cercavo di sforzarmi per non darlo a vedere, a volte nenche ai miei genitori, per non dare loro altri pensieri e preoccupazioni. Benchè non mi piacesse studiare, anche perchè facevo molta fatica, con i dovuti accorgimenti sono andata avanti negli studi senza mai essere bocciata e con discreti risultati e successi personali. Non è stato facile, nè scontato, ma a sostenemi era la voglia ed il forte desiderio di diventare una persona autonoma, in grado di mantenermi da sola e di fare un lavoro che mi piacesse. Mi sono laureata a 24 anni, in Psicologia e poi mi sono specializzata come psicoterapeuta. Ho fatto tanti corsi interessanti ed impegnativi, mi sono dedicata a diverse attività di volontariato e non. Negli ultimi due anni sono riuscita a realizzare due importanti progetti: partecipare, come relatrice, ad un convegno nazionale di psicologi e psichiatri e scrivere un libro. Sono sanamente orgogliosa di me, di quel che sono riuscita a fare ed a realizzare, nonostante il mio limite. Grazie alla mia ferrea volontà, al mio entusiasmo, alla mia determinazione, al sostegno psicologico ed alla fiducia sia dei miei genitori, che di alcune persone significative, sono arrivata fin qui ed ho imparato, anzi, stò imparando, che i veri limiti non sono quelli che si vedono (che sono pur sempre tali) ma quelli mentali, quelli emotivi, quelli che nascono dalle paure. Un handikap è tale solo nella misura in cui gli "permetti" di bloccarti. A volte può "farci comodo" usarlo come scudo protettivo, soprattutto quando non vogliamo rischiare un eventuale rifiuto da parte degli altri, entrando più in rapporti di intimità con loro, oppure quando non vogliamo rischiare una "sconfitta" professionale. In queste occasioni possiamo dirci che abbiamo un limite che ci rende diversi e che forse non possiamo "competere" con gli altri, ecc, ecc... Ecco il vero handikap!
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