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Esperienze di vita

Descrivi la tua esperienza in rapporto con l'albinismo

Tutto è iniziato sei anni fa, quando io e mio marito dopo un mese dal matrimonio, scoprimmo che ero incinta. Eravamo felicissimi, perchè l'unione del nostro amore stava creando una nuova vita. Già dalla prima ecografia però, venne fuori che aspettavamo due gemelli e con un po' di stupore iniziale passammo alla gioia infinita. Dopo quasi nove mesi arrivò il momento del parto, entrai in sala operatoria e dopo pochi minuti uscì il primo nato: il dottore mi mostrò un piccolo fagottino con carnagione e capelli scuri che mi riempì da subito il cuore di gioia; dopo poco tempo uscì il secondo nato e il dottore questa volta mi mostrò un fagottino tutto bianco che mi sbalordì per il suo candore. In un primo momento mi chiedevo il perchè di quel colore così bianco, visto che nella nostra famiglia nessuno era così, ma poi quello che più mi importava era sapere se i miei piccoli stessero bene. Così finalmente dopo la visita il pediatra mi comunicò che i bimbi erano sanissimi, ma uno dei due probabilmente era albino. Io avevo già sentito durante la mia vita questo termine, ma oltre al colore chiaro non sapevo le altre caratteristiche di questa condizione, ma per il momento volevo godermi la gioia di averli tutti e due accanto. I nomi che scegliemmo erano quelli dei nonni e così il cucciolo scuro lo chiamammo Pietro e il cucciolo chiaro Mario.

Dopo quattro giorni tornammo a casa e iniziammo la vita di tutti i giorni tra biberon, pannolini e pianti continui.
I giorni passavano e i lineamenti del viso, il colore degli occhi e della pelle iniziavano a delinearsi. Pietro si mostrò da subito un bambino brunetto con pupille nere; Mario aveva una pelle chiarissima che mostrava ogni piccola linea di vaso sanguigno e occhi con pupilla rossa.
Il fatto che fossero gemelli ci permise di capire già dopo pochi mesi, che Mario oltre ad essere chiarissimo aveva qualcosa che non andava rispetto al fratello. Infatti, quando giocavamo con Pietro facendogli delle semplici smorfie con la faccia o gesti con le mani, lui ci sorrideva; Mario invece sembrava essere in un mondo tutto suo e per attirare la sua attenzione dovevamo fare dei rumori o solleticarlo per ricevere un suo sorriso. Così chiedemmo questa cosa al pediatra, il quale ci spiegò che l'albinismo, la patologia di cui Mario era affetto, è caratterizzata da mancanza di melanina, cioè una sostanza del nostro corpo che ci dà il colore e ciò oltre alla pelle e ai capelli chiari, porta anche problemi agli occhi e quindi alla vista. Ci recammo da un oculista e dopo la visita ci spiegò che non avendo melanina, la pupilla risultava trasparente e il colore rosso derivava dal riflesso del sangue che circola nei capillari ottici. Inoltre ci disse che per questo motivo al bambino dava fastidio la luce e quindi le sue pupille si muovevano velocemente e di continuo e per questo non riusciva a fissare un oggetto. Tutto ciò creava a Mario la condizione di ipovedente, cioè una disabilità visiva che non poteva essere migliorata con nessun intervento e che quindi interferiva con lo svolgimento delle sue attività quotidiane. Per cercare di sfruttare al massimo le possibilità della sua vista, Mario fu seguito da una dottoressa che ancora tutt'oggi lui la chiama "la mia dottoressa Francesca". Con lei iniziò un percorso di riabilitazione visiva che consisteva in una serie di giochi e di esercizi di scrittura con la funzione di sviluppare al meglio la sua vista. Inoltre Mario iniziò a portare degli occhiali con vetro arancione, che servivano ad attenuargli un po' la luce.
Il tempo passava e iniziarono anche i primi passi: Pietro, che diventava sempre più agile, sembrava un cavallino da corsa pronto a correre a quattro zampe fino a quando si alzò e iniziò a camminare; Mario invece scelse il modo più comodo per muoversi, si trascinava con il culetto e non aveva alcuna voglia di alzarsi e camminare. Finalmente, verso i due anni, stanco di stare sempre a terra, decise di alzarsi ma non fu un'impresa facile: ogni passo si fermava con una testata e così la sua fronte divenne come un sasso appuntito e colorato di lividi.
Arrivò il giorno dell'asilo e iniziarono anche alcuni problemi. Le maestre non avevano mai avuto durante i loro anni di insegnamento, un alunno albino e quindi non sapevano del problema della vista. Mario, infatti, poichè non vedeva da lontano, non le seguiva con lo sguardo e loro pensavano che il bambino non capiva quello che gli veniva detto, ma non era così. Un giorno, fu detto a me e mio marito che Mario non colorava nei contorni dei disegni e addirittura non riusciva a vedere neanche la busta dove buttare le scodelle in alluminio del pasto e quindi era utile un' insegnante di sostegno che lo seguisse da vicino e che si dedicasse solo a lui, ma noi abbiamo rifiutato da subito la proposta perche' abbiamo sempre creduto nelle capacità intellettive di Mario. Lui, infatti, è sempre riuscito da solo a fare le cose, anche se con un po' più di tempo e con l'esempio di Pietro.
Dopo varie visite oculistiche, siccome con gli occhiali arancioni non riusciva a vedere bene i colori, la dottoressa ci consigliò delle lenti a contatto che servono un po' come da lente di ingrandimento, coperte da occhiali da sole per i luoghi all'aperto. Così Mario iniziò a mettere le lentine anche se tutt'oggi prima di metterle ogni mattina, ripete sempre la stessa frase: «nooooo, le lentine no», ma poi apre gli occhi e se le fa mettere. Solo il sabato e la domenica però, dice che i suoi occhi devono riposarsi e usa gli occhiali con i vetri trasparenti ingranditi.
C'è da dire però che tutti gli occhiali provati fino ad oggi, lo aiutano un po' solo da vicino e quindi Mario le cose lontane, specialmente quando c'è troppa luce, non le riesce a vedere. Per questo non è mai stato interessato dalla televisione e qualche programma che gli piace lo guarda con la faccia appiccicata allo schermo. In alternativa usa tanto il computer, il tablet e i cellulari, specialmente gli smartphone che sono la sua passione.
Episodi negativi li abbiamo sempre vissuti, come quella volta in un parco giochi quando Mario fu chiamato "mostro" da alcuni bambini e "vecchio" da altri per i suoi capelli bianchi, oppure quando usciamo ed è sempre guardato come un alieno sceso da un ufo. Noi cerchiamo di non fargli pesare il problema dicendogli che lui è un bimbo di una bellezza rara e perciò tutti lo guardano. Inoltre in alcuni momenti ci chiede il perchè del suo colore bianco, specialmente quando deve mettere le creme protettive che non tanto gli piacciono, e si lamenta del fatto di non essere scuro come Pietro; oppure ci chiede perchè deve andare dalla dottoressa Francesca a fare la riabilitazione visiva e il fratello no. Quando usciamo a piedi gli segnaliamo i marciapiedi o la presenza di scale o qualche altro ostacolo, ma allo stesso tempo cerchiamo comunque di lasciarlo libero di muoversi anche se tante volte sbatte da qualche parte, come alcuni mesi fa, quando eravamo ad un matrimonio e nel giardino del ristorante mentre correva con altri bimbi andò a sbattere contro un palo. Ormai Mario sta diventando grande e ha capito che la luce solare gli impedisce di fare le cose ed è per questo che tante volte non vuole uscire di mattina. Al mare siamo sempre andati di pomeriggio e oltre alle creme protettive e agli occhiali, usa una maglietta e un cappellino con tendina per proteggersi dai raggi UV.
Da pochi giorni Mario e Pietro hanno iniziato la prima elementare e alla nuova insegnante abbiamo spiegato il fatto che lui non vede da lontano e quindi ci vogliono dei piccoli accorgimenti, tipo vedere la lavagna da vicino o usare fotocopie ingrandite e non avere troppa luce che lo abbaglia, per fare in modo che da solo sia al passo degli altri compagni. Mario inoltre avendo poca vista, usa tanto gli altri quattro sensi e il cervello e trova tanta sicurezza in Pietro che a sua volta lo protegge tanto.
Noi genitori siamo molto fieri dei nostri piccolini perchè la nostra vita si completa con loro, i nostri "gemelli bicolore".


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