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Le lacrime della luna

In un antichissimo giardino all’italiana arrivò, una notte, una violenta tempesta. Le siepi di bosso si strinsero forte e con tutte le loro forze si piegarono in avanti per proteggere i fiori cresciuti nelle piccole aiuole. Nonostante molti sforzi, la mattina seguente molti fiori erano stati strappati via e disgraziatamente il grande ibisco viola, re del giardino, era stato spezzato e giaceva a terra con tutte le sue belle foglie dentate e i suoi coloratissimi fiori. L’ibisco fu pianto per molto tempo. Ma, pian piano il dolore si affievolì fino a scomparire e il giardino tornò a essere quello di un tempo: siepi di bosso verdissime, aiuole ricche di fiori variegati, rossi, gialli, vermigli, celesti, viola, lilla, di ogni colore, alberi grandi e piccoli, allegri arbusti. Ai piedi dell’ibisco abbattuto erano stati interrati molti bulbi di tulipano che non facevano rimpiangere agli occhi i bellissimi fiori viola dell’ibisco, con il loro lungo stelo e le corolle fiammeggianti di rosso e arancione. Una tiepida mattina di una di quelle primavere ritardatarie, tra i tulipani alzò la sua testolina delicata un fiore che nessuno aveva mai visto prima. I tulipani si guardarono stupiti tra di loro, richiamando l’attenzione delle siepi, degli altri fiori, di tutto il giardino. Ci fu un chiacchiericcio generale; un tulipano dragone che grazie al suo carisma aveva rimpiazzato l’arbusto di ibisco prese la parola: "Scusi ma lei chi è? È la prima volta che la vediamo tra di noi. Perché non ha la testa dipinta, come tutti noi?". Il piccolo fiore rispose orgoglioso: "Io sono un bucaneve. Vivevo in una piccola radura ai margini di un ruscello. Poi, una notte, quando ero ancora un piccolo semino venni strappata da mia madre, da un forte vento. Ricordo che volteggiavo nell’aria bagnata da una fredda pioggia e urtata da rami e foglie spezzati dalla corrente e turbinanti insieme a me. Quando caddi a terra piano piano mi addormentai e oggi finalmente mi sono svegliata dal mio lungo sonno". Il bucaneve disse queste ultime parole con un allegro sorriso che illuminò tutta la sua esile corolla. Gli altri fiori si guardarono sospettosi; chi era mai quel bucaneve? Chi poteva averlo condotto lì tra di loro? Perché era così pallido? I più sospettosi incominciarono a dire che quel fiore era il frutto di qualche maleficio e scambiarono il suo candido colore per qualcosa di diabolico; i più maliziosi invece ridevano del pallore e delle piccole dimensioni di quel fiore. Intorno al bucaneve si creò un muro di silenzio e risatine. Tutti parlavano di lei, ma nessuno con lei. La sua bianca testolina si abbassò sotto il peso delle lacrime e nella sua mente risuonavano quelle terribili parole: "E’ diversa! Non sarà mai una di noi; non sarà mai come noi!". All’improvviso si alzò una voce imperiosa: "State zitti sciocchi ignoranti! Non vedete quanto soffre quel fiore?! Cosa importa se i suoi petali sono piccoli e delicati e se non ha lo stesso colore del sole! È un fiore come noi e dobbiamo accoglierlo come un fratello". Tutti i fiori rimasero stupiti nel vedere che la voce proveniva dall’ibisco. La pioggia e il sole infatti, un po’ alla volta avevano ridato forza alle radici della pianta fortemente provata dalla tempesta di quella notte e ora si vedevano piccole e verdi foglioline sbucare dal terreno e un fiore ancora molto debole ma che mostrava già il carattere forte e giusto di un tempo. Le siepi e i fiori sobillati dai tulipani che non avevano mai conosciuto quell’autoritario fiore iniziarono a urlargli contro cattive parole e a lanciargli piccoli sassolini che raccoglievano dal terreno. Mentre l’ibisco veniva colpito da sassi e detriti guardava fisso negli occhi la piccolina piangente che invano aveva tentato di aiutare. Fu un colpo di fulmine, si innamorarono perdutamente l’una dell’altro. Una scheggia di pioppo lanciata dal capo dei tulipani trafisse però, irrimediabilmente la corolla dell’ibisco che si accasciò a terra. Si alzò una lieve brezza che fece volare via gli stralci di petali viola dell’ibisco. Uno di questi sfiorò il bucaneve che non poté più smettere di piangere. Tutto il giorno il piccolo fiore si disperò per la perdita subita, tra l’indifferenza di tutto il giardino. Il pianto di quel misero bucaneve sembrava nulla rispetto alle incombenze di un intero giardino: innaffiatura, potatura, concimazione. Venne la notte e il pianto del bucaneve giunse fino alla Luna. La Luna di solito attenta al dolore degli esseri più indifesi, ascoltando le lacrime soffocate di quell’umile fiore si commosse e dai suoi grandi occhi sgorgarono calde lacrime. È risaputo che quando la Luna piange si crea un’atmosfera magica sulla Terra. Le lacrime della luna caddero sul giardino trasformandosi al contatto con il suolo in polvere lunare argentata. Dalla polvere si sollevarono piccoli spiritelli che riempirono l’aria con i loro volteggi e i loro giochi buffi e frenetici. Si divertivano a entrare nelle lunghe corolle dei tulipani e a fargli solletico sui pistilli. Tutto questo trambusto svegliò il giardino; i fiori, le piante, gli arbusti aprendo gli occhi si videro catapultati in un mondo sconosciuto, privo di colori. Ebbero tanta paura che non riuscirono a dire nemmeno una parola a quelle piccole fatine candide dalle ali trasparenti che, curiose, guardavano tra i petali e le foglie con fare birichino. Tutto quel bianco li accecava gli abitanti del giardino fino quasi a non riuscire a tenere gli occhi aperti. Tuttavia, la curiosità di scoprire cosa stesse succedendo era tanto forte che si sforzarono di vedere. Una delle più buffe e dispettose fatine planò tra i tulipani e con il suo piccolo dito accarezzò il bucaneve piangente e raccolse da terra lo stralcio di un petalo di ibisco. Quindi volò via, verso il cielo. Tutti gli altri spiritelli la seguirono. Il giardino tornò quello di prima. Il bianco scomparve, l’odore di buono e fresco anche. I tulipani nervosi cominciarono a parlare tutti insieme ancora turbati. Ma di nuovo dovettero tacere dallo sbalordimento. Lì dove avevano dilaniato il giovane ibisco incominciò a crescere qualcosa. Non sembrava una pianta, né un cespuglio, neanche un fiore. Era un uomo; un uomo giovane e gentile che immediatamente si chinò a cercare il bucaneve tanto amato. Non lo trovò più. Disperato si guardò intorno e vide poco distante una bellissima fanciulla dai capelli candidi come la neve e la pelle setosa e profumata come un fiore. Riconobbe la sua amata. Ella non alzava il capo; aveva visto il suo principe e si era vergognata di non assomigliare a lui che aveva una folta chioma corvina e la pelle nera come l’ebano. Il bellissimo principe le si avvicinò e delicatamente, con le dita le sollevò il capo. Il suo viso tradì una forte emozione. Nel candore del viso della ragazza risplendevano due dolci occhi viola. Erano incantevoli! Ella abbassò di nuovo il capo, timida. Il principe la incoraggiava a guardarlo, a sorridergli: "Non mi devi temere, non ti ricordi di me? Io ti ho amata da quando eri un esile fiorellino". La giovane con voce tremante: " Io sono diversa!". il principe non ebbe dubbi: "Sei bellissima!", la baciò e prendendola per mano la condusse verso l’arco che designava il confine del giardino. Nel camminare la giovane si sentiva sempre più sicura di sé e la sua mano strinse forte quella dell’amato. Si sa che i due si amarono per sempre ed ebbero una numerosa prole. Il mattino seguente il prodigio, il giardino si risvegliò tutto scombinato. Fiori con mal di schiena, altri con raffreddore alberi e cespugli stanchi dalla difficile notte passata e il capo dei tulipani con un petalo piegato si guardava intorno isterico ripetendo: "Cosa è stato? Cosa è stato?"; ma nessuno gli dava più retta: tutti avevano avuto come dono dalla polvere di luna un ampio orizzonte mentale e sapevano cosa era accaduto.

Scritto da Giovanna Palombi

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