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Albus un coniglio dipinto di bianco

C’era una volta, in una grande città, un bambino che indossava magliette che disegnava lui stesso. I protagonisti di quei disegni erano graziosi animali colorati: elefanti blu, piccoli topini grigi, pesciolini rossi, api gialle e nere dalle ali azzurre, maialini rosa e coniglietti coloratissimi.
«Mamma voglio un piccolo cucciolo. Voglio prendermi cura di un animale!» e quando diceva questo, il piccolo Andrea, mostrava alla sua mamma, orgolioso, la maglia che indossava quel giorno.
Al piccolo Andrea non importava che tipo di animale fosse, se si trattasse di un gatto, di un cane o di un canarino e la mamma si trovò obbligata, un giorno, a promettergli che appena possibile gli avrebbe regalato un cucciolo.
«La mamma mi ha promesso che avrò un cucciolo!»
Disse Andrea al suo compagno di banco «Davvero?» disse Giulio con gli occhi spalancati per la sorpresa «I miei non vogliono. Mi dicono sempre che gli animali non si dovrebbero tenere a casa che rosicchiano tutto e sporcano.»
Andrea sorrise ascoltando quello che Giulio aveva da dirgli e rispose «Loro fanno così. Non mangiano mica con le mani, non le hanno le mani e se qualcuno non gli da da mangiare, sono obbligati a rosicchiare i mobili!» E rideva il piccolo Andrea mentre si immaginava un piccolo cagnolino seduto a tavola come i bambini che afferrava un cucchiaio e mangiava con cura la pasta al pomodoro che la mamma gli aveva preparato.
Quando suonò la campanella, Andrea corse fuori dalla classe superando tutti i compagni: sperava che quello fosse il suo giorno fortunato, che la mamma , una volta entrato in macchina per tornare a casa gli dicesse «Oggi andiamo a prendere il tuo cucciolo» e in effetti fu così.
«Ti porto da una mia amica che aiuta animali che non vuole più nessuno. La maggior parte sono piccoli cuccioli che sono stati abbandonati dai loro padroni.»
Andrea diventò triste e chiese «Mamma ma perchè? Perchè abbandonano gli animali?» e la mamma di Andrea non rispose; avrebbe voluto dire al suo caro figliolo che sapeva che era sbagliato, che gli animali si dovrebbero amare come si fa con le persone ma non trovava le parole per dire che molte persone lo facevano ugualmente.
Tornarono a casa, Andrea si lavò le mani e si sedette a tavola, pronto per il pranzo. «Cosa hai preparato oggi, mamma?»
«La pasta che ti piace tanto!»
Andrea divorò in un sol boccone gli spaghetti al pomodoro e asciugandosi la bocca col tovagliolo disse «Io mi lavo i denti e sono pronto per uscire!»
In macchina, Andrea guardava fuori dal finestrino in attesa che la propria mamma gli dicesse che erano arrivati e dopo alcuni minuti vide un immenso giardino pieno di cuccioli di tutti i tipi : cani, gatti, conigli, tartarughe e canarini che svolazzavano di qua e di là e fu allora che sentì la voce della mamma che diceva «Scendi che siamo arrivati!»
«Andrea, lei è Marina.»
«Ciao Marina» disse Andrea continuando a guardare il giardino.
«Io sono la zia di Giulio, so che siete compagni di banco.»
«Si, si» rispose Andrea senza prestare attenzione.
Il bambino lasciò parlare le due donne e iniziò ad aggirarsi per il girardino. Ad un certo punto fu attratto da un piccolo animaletto saltellante: un coniglietto dalle orecchie lunghissime, bianco e dagli occhietti rossi. Si avvicinò al piccolo animale per accarezzarlo e gli sussurrò «Ma tu non sei colorato come gli altri e i tuoi occhi sono strani, ma sei bellissimo lo sai? Almeno se qualcuno ti perdesse sarebbe più facile riconoscerti. Ti va di venire a casa con me?»
La mamma di Andrea che si accorse che il figlio stava accarezzando qualcosa gli domandò «Hai scelto?» e il bambino accolse il coniglio tra le braccia e lo portò dalla mamma.
«Lo chiamerò, Albus!» disse Andrea fiero della proprio scelta mostrando il coniglietto alla propria mamma e alla zia di Giulio.
«Andrea lui è molto speciale» disse Marina mentre Albus stava tranquillo tra le braccia del bambino «è raro incontrare altri coniglietti come lui, sei sicuro di volere proprio questo?»
«Si!» rispose Andrea con certezza e dopo aver salutato Marina, mamma e figlio tornarono a casa.
Appena arrivato, Andrea prese una piccola carota dal frigofero e la offrì al suo nuovo amico quando squillò il telefono «Mamma, rispondo io!»
«Pronto?»
«Ciao Andrea, sono Giulio. Dove sei stato? Ti ho chiamato almeno tre volte!»
«Sono andato a prendere il mio animaletto. Tua zia Marina ne ha tantissimi lo sapevi?»
«Si. Ti avevo chiamato per sapere se avevi fatto i compiti di matematica»
«Non ancora. Appena finisco ti richiamo e ti aiuto»
«Ma che animale hai preso alla fine?»
«Il coniglio più bello del mondo!»
Andrea passò il pomeriggio a studiare. Appena ebbe finito chiamò Giulio per aiutarlo con gli esercizi di matematica e subito dopo cena, diede la buona notte alla propria mamma e andò a letto insieme ad Albus «Non ti lascerò mai» disse a bassa voce abbracciando il coniglio.
La mattina seguente Andrea si preparò e andò a scuola, facendo promettere alla mamma che all’uscita avrebbe portato Albus.
«Giulio, la mia mamma oggi porta Albus, il mio coniglio,ti va di vederlo?»
«Certo» e appena gli altri compagni di classe sentirono parlare di un animaletto, incuriositi si avvicinarono ad Andrea e Giulio e chiesero se anche a loro fosse concesso di conoscere quel coniglio. Le ore passarono in fretta e Andrea uscì da scuola seguito da almeno altri dieci ragazzini.
«Ciao mamma, hai porttao Albus?» e subito dopo aver fatto la domanda, Andrea si accorse del nasino rosa che sbucava fuori dal finestrino, così si allungò dentro la macchina per prendere l’animaletto e lo mostrò ai compagni.
Alla vista del coniglio bianco, tutti i compagni iniziarono a ridere e dicevano, rivolgendosi ad Andrea «Questo è il tuo nuovo animale? Potevi scegliertene uno più bello,no?» oppure «Somiglia molto agli animali che disegni sulle tue magliette è brutto proprio come loro».
D’un tratto, un compagno di classe di Andrea e Giulio, paffuto e con i capelli ricci, uscì dalla tasca dei pantaloni un pennarello verde e velocemente iniziò a scrivere qualcosa sul corpicino bianco di Albus.
A nessuno piaceva il coniglietto di Andrea, così il bambino corse in macchina e disse alla mamma «Andiamocene!»
Durante il tragitto in macchina, Andrea guardava il pelo del coniglietto macchiato di verde e cercava di pulirlo strofinandolo con la manica della felpa.
«Andrea, quando la zia di Giulio ha detto che Albus è speciale, intendeva dire che ha una malattia. É la malattia a dare questo colore al suo pelo e ai suoi occhi. Albus è un coniglio albino, non è un normale coniglio bianco, lo si capisce soprattutto dal colore rosso dei suoi occhi. Ci sono anche bimbi che hanno lo stesso problema che ha Albus.»
Andrea ascoltava ciò che diceva la mamma e continuava nel tentativo di ripulire Albus.
«Immagina che ognuno di noi alla nascita abbia accanto a sè un piccolo barattolo pieno di colore e che questo si rovesci sopra il nostro corpo. Per noi uomini, il barattolo è colmo del colore rosa infatti le tonalità della nostra pelle si avvicinano a quelle del rosa. Per quanto riguarda Albus invece, il suo barattolo era quasi vuoto, vi era pochissimo colore che non è stato in grado di dipingere bene il suo corpo e i suoi occhi».
Durante la spiegazione della mamma, Andrea continuava ad osservare il coniglio.
«A me non importa. Anzi mi prenderò cura di lui ancora di più. Gli altri bambini possono pensare quello che vogliono ma Albus è il mio coniglietto dipinto di bianco e me ne prenderò cura».
Arrivò l’ultimo giorno della settimana e Andrea dopo aver fatto colazione si vestì e come al solito salì in macchina con la mamma per andare dai nonni. Portò con sè anche Albus.
La nonna di Andrea, Rosetta era una tipa giovanile che portava abiti colorati mentre il nonno, Alfredo era un vecchio marinaio che alcuni anni prima era stato costretto sulla sedia a rotelle a causa di un incidente in mare.
«Ciao Nonna! Ciao Nonno!» disse Andrea con entusiasmo quando arrivarono.
«E chi è questo batuffolo?» disse Rosetta al nipotino.
«Lui è Albus. I suoi occhi sono rossi perchè quando è nato il suo barattolo non era abbastanza pieno di colore.»
«Cosa?» disse la nonna ridacchiando.
«Questo è il coniglio più bello che io abbia mai visto!» disse il nonno con la sua voce rauca avvicinandosi al nipote e all’animale.
La nonna e la mamma di Andrea tornarono in cucina dove Rosetta continuò a preparare le pietanze per il pranzo mentre Andrea e il nonno iniziarono a girare per la casa.
«Come va a scuola figliolo?» chiese con interesse il nonno ad Andrea.
«Bene, faccio sempre i compiti e aiuto anche il mio amico Giulio con gli esercizi di matematica ma nè a lui nè agli altri piace Albus» e abbassando la voce per evitare che il coniglio lo sentisse, aggiunse «dicono che è brutto!»
«Non piace agli altri e quindi? La nonna non mi ha mica buttato via dopo che ho avuto l’incidente. Non ha cercato un uomo più bello di me o qualcuno che potesse ancora camminare, lei ha voluto me sempre.»
Andrea chiese, adagiando Albus sulle gambe di Alfredo «Stai parlando d’amore, nonno?»
«L’amore non è soltanto quello tra un uomo e una donna, Andrea. L’amore è anche quel sentimento che lega una mamma al proprio figlio, che lega due fratelli o che lega un bambino al suo animaletto e quando si prova amore non ci importa di ciò che pensano gli altri, il nostro unico pensiero sarà quello di proteggere ciò che amiamo.»
Andrea corse in cucina e aiutò le due donne ad apparecchiare la tavola che in breve fu piena di cose buone tra cui due torte, una al cioccolato e una alla crema di carote e guardandola disse ad Albus che scendendo dalle gambe del nonno lo aveva raggiunto in cucina «Vuoi un pò di torta?» e scoppiò in una sonora risata seguito dalla mamma e dalla nonna.
Passarono un’intera giornata insieme ai nonni e quando tornarono a casa, Andrea si addormentò abbracciando Albus.
Durante la notte, il bambino sognò ciò che avrebbe dovuto fare l’indomani a scuola. Nel sogno rivedeva tutti quei bambini che prendevano in giro Albus e lui riusciva a trovare il coraggio per dire ciò che pensava «Lui è Albus. Che vi piaccia o no è il mio coniglio e io non lo abbandonerò mai!»
L’indomani Andrea tornò a scuola e il suo sogno si avverò. Fu così che per la prima volta si sentì un eroe e capì cosa significava amare.

Scritto da Giulia Fiorentino

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