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La montagna dei sogni

Cionchi era un piccolo vichingo.
Viveva sulla cima di una montagna.
Per la verità era una montagna molta strana, a guardare bene somigliava ad un fungo. Questa montagna divideva due regni completamente diversi tra loro: il regno di chi aveva tutto "i noiosi" ed il regno di chi non aveva niente "gli invidiosi".
I due regni erano sempre in guerra, scavavano cunicoli sulla base della montagna per raggiungere i lati opposti; tutto questo asportare di roccia a lungo andare stava togliendo la stabilità al regno dei vichinghi dove viveva Cionchi.
Il re Fiore, molto preoccupato da questa situazione, convocò una mattina il suo unico figlio Cionchi, ordinandogli di scivolare giù dalla montagna per raggiungere i due regni.
Il piccolo erede al trono doveva rimanere tre giorni in ogni regno con lo scopo di riportare la pace.
Immaginiamo che carico di responsabilità aveva Cionchi, mettere d’accordo due regni in guerra da tempi remoti.
Durante la notte, prima della partenza, Cionchi bevve una tisana di erbe rare di montagna per tranquillizzarsi e visualizzò quale potessero essere le reazioni dei due popoli, quando lui fosse apparso.
Il suo popolo aveva raggiunto un benessere generale, il rispetto per ogni cosa, persona, animale, pianta, aveva fatto del regno dei vichinghi un piccolo paradiso, un solo difetto accomunava ogni persona del regno di Re Fiore, la vista molto limitata, la causa era l’altezza della montagna, dove era fortissima la luce del sole.
In compenso si erano molto sviluppati gli altri sensi.
La pelle era chiarissima, perché la vita dei vichinghi si svolgeva al coperto per proteggersi dalla luce del sole.
Una carezza svegliò Cionchi, era la sua mamma, con lo sguardo dolcissimo gli disse: "piccolo mio è l’alba, il sole sta sorgendo, è il momento di scendere tra quei popoli di scellerati".
Cionchi si stropicciò gli occhi, si lavò la faccia, fece colazione, indossò il suo zainetto, tutto questo in silenzio.
Poi disse "Mamma sono pronto, ci vediamo tra pochi giorni, ce la metterò tutta".
Uscì dal castello, raggiunse lo scivolo costituito di liane intrecciate e foglie bagnate di rugiada, con un coltellino tagliò le liane che tenevano sospeso lo scivolo, si sedette e via in discesa!!
Giunto nel regno degli invidiosi si imbatté in un gruppo di bambini in fila indiana che stavano entrando a scuola.
Viste le caratteristiche di Cionchi, tutti gli sguardi si rivolsero verso lui, il piccolo vichingo dovette avvicinarsi molto, causa la sua vista limitata.
Tra sé pensò di essere bersagliato da sguardi e domanda, ma nulla.…dopo il primo sguardo i bimbi invidiosi ripresero a camminare in silenzio verso la scuola.
"Che tristezza", pensò Cionchi "nessuna risata, nessun urletto, nessun salto".
Tirò fuori tutto il suo coraggio e si mise ad urlare: "Sono Cionchi, figlio di re Fiore, sono sceso dalla montagna fungo per spiegarvi la felicità. Noi siamo un popolo di persone sempre contente, non conosciamo la noia o l’invidia, rispettiamo tutto e tutti e ci aiutiamo anche senza richiesta. Voi avete queste facce grigie, siete silenziosi, ed in contrasto con i noiosi. La felicità non la si raggiunge in base alla quantità di cose materiali che si posseggono. Io mi diverto usando la fantasia, m’invento i giochi, salto, ballo, corro, la noia proprio non la conosco, e vi garantisco che faccio molta fatica, la mia vista non m’aiuta, ma mi impegno per raggiungere ed ottenere".
Tutta questa energia emanata dal piccolo biondino colpì i bimbi che si fermarono ad ascoltarlo.
Quando vennero chiamati all’interno della scuola, Cionchi cominciò ad addentrarsi nel paesino.
Molti dei bimbi che avevano assistito ai discorsi di Cionchi raccontarono quello che avevano sentito ai propri genitori, i quasi rimasero colpiti dalle parole dei bimbi, scattò quasi una molla nel loro cervello, l’invidia e l’apatia che perduravano da tanto tempo si trasformarono quasi in speranza, speranza di poter gioire ed essere felici anche possedendo poco.
Era la prima volta che Cionchi rimaneva solo, fuori dal suo regno, di notte, ed era un pochino intimorito. Trovò rifugio in un pagliaio, rimase in compagnia di alcuni buoi che lo scaldarono con il loro fiato, prima di addormentarsi pensò alla responsabilità a cui era stato chiamato, si disse che avrebbe compiuto la sua missione con coraggio ed equilibrio.
La mattina dopo Cionchi notò i primi risultati, i bimbi che dalle proprie case si dirigevano a scuola, non erano più silenziosi, c’era chi si rincorreva, chi si tuffava su mucchi di foglie, altri in coro cantavano allegre canzoni. Si era creata un’atmosfera di festa.
Cionchi si rese conto di aver raggiunto il proprio obiettivo e si diresse a fatica verso il tunnel segreto che l’avrebbe portato nel regno dei noiosi.
Il piccolo vichingo arrivò nei pressi un villaggio dove tutto era lussuoso, lampioni d’oro, recinzioni cromate, prati perfettamente tagliati, strade lisce e pulite, un mondo perfetto….
Quando si imbatté in un gruppo di bimbi, si nascose dietro un albero molto vicino per osservarli, stavano organizzando una partita di basket, ognuno aveva due palloni, stavano discutendo su quale palla usare, in 10 bambini 20 palloni, passò molto tempo, il gioco non cominciò, perché scaturirono litigi, parolacce, alla fine nessuno ebbe il sopravvento, ognuno prese il proprio pallone e si allontanò dal campo.
A questo punto Cionchi usci dal suo nascondiglio ed incominciò ad urlare: "Vi siete divertiti? Un gioco dove si dovrebbe utilizzare una palla, Voi con venti non l’avete neanche incominciato! Avete perso tempo a discutere, nessuno ha utilizzato la fantasia o l’umorismo per la scelta".
Indispettiti, anzi sospettosi, i bimbi con le loro palle accerchiarono il biondino, Cionchi continuò: "Dall’altra parte della montagna i bambini non giocano a basket non perché non hanno voglia, ma perché non hanno palloni, campi ed accessori da basket, voi avete tutto ma siete noiosi!".
Un bel sorriso, un "conta" diverso, la scelta della palla è fatta.
La soluzione semplice ma pratica fece riflettere i bimbi intorno a Cionchi, i quali tornati a casa riferirono ai loro genitori la strana apparizione e le parole del piccolo vichingo.
I genitori scavarono nella memoria, ricordarono quando erano stati felici e non noiosi come oggi, attualmente avevano tutto, anzi troppo di tutto, come anche i loro figli, non utilizzavano più la fantasia, il sacrificio per raggiungere soddisfazioni, accumulavano cose, ragionando si dissero: "Cosa me ne faccio io di tre macchine se ne posso guidare una alla volta".
Cionchi sentì tutte queste cose perché si era nascosto sotto la finestra di un bimbo che aveva seguito dal campo di basket, il suo udito molto fino registrò ogni frase.
Il piccolo vichingo si disse che per completare la sua missione mancava l’ultima parte, un piccolo tranello.
Aveva in mente di far trovare sul tavolo dei Duchi che comandavano i due regni, un biglietto firmato dal rivale, ma in realtà scritto da lui.
Il biglietto recitava così: "Basta litigare e guerreggiare, a nome del mio popolo Vi porgiamo le ns. più sentite scuse, per onorare questo avvenimento Vi invitiamo a presentarvi domani a mezzogiorno sulla roccia di confine".
Fatte le consegne dei messaggi, Cionchi fu felice di poter ritornare nel suo regno, arrivò al tunnel segreto, tolse una piccola roccia da un grosso mucchio (il rumore della piccola valanga era il segnale segreto), poco dopo venne calata una cesta unita ad una lunga e robusta liana e Cionchi venne quindi issato fino a raggiungere la cima della montagna.
La sua mamma e il suo papà non appena lo videro lo abbracciarono e lo baciarono orgogliosi del suo ritorno.
Terminate le coccole Cionchi raccontò nei minimi particolari tutto ciò che aveva più che visto, sentito, durante la permanenza nei due regni.
Sottolineò il raggiro dei biglietti e disse al Re Fiore di presentarsi l’indomani a mezzogiorno alla roccia di confine per completare il suo progetto di pace. Così fu.
Alle 12 precise del giorno successivo erano presenti presso la famosa roccia, i Duchi e relative delegazioni di ognuno dei due Regni, "noiosi" ed "invidiosi", ed anche il Re Fiore.
Alla vista del Re Fiore rimasero allibiti, non fecero in tempo a proferire nessuna parola, perché voce tonante il Re li anticipò: "Vi è piaciuto il tranello? Vi ha raggirati un bimbo piccolo che con semplicità e logica vi ha fatti ragionare. Basta litigare. Incominciamo a rispettarci tutti. Basta invidie, basta noia, agiamo tutti insieme per il benessere comune. Proviamo ad immaginare come affronterebbe un problema un bimbo o un ragazzino, loro non hanno esperienza a cui fare riferimento, loro hanno pura ingenuità".
All’inizio i presenti rimasero turbati, ascoltando le parole del Re Fiore, capirono tutti, nessuno escluso, che era giunta l’ora di abbandonare le loro sciocche abitudini di guerreggiare, nuova vita nuove speranze nuova gioia di vivere.
Fu così che i tre Regni si fusero in uno solo, e posero come primo obiettivo di ciascun componente del Regno unificato la realizzazione dei sogni di ognuno.
E vissero felici e contenti.

Ragazzi che avete letto questa storia, nella vita è fondamentale imparare una cosa: ogni persona, anche con tanti difetti fisici, possiede un cuore, un cuore grande.

Scritto da Massimo Vergori

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